
Doveva essere l’Oscar dei giovani. L’edizione dello svecchiamento. Sul palco due attori della nuova leva in veste di padroni di casa, sullo schermo il superfavorito (fino a qualche giorno fa) Social Network, in platea un bel po’ di candidati under 35. C’era persino un coro di ragazzini alla fine. E invece gli 83 anni degli Academy Award si vedono tutti. Vince un film sul passato (bello, molto bello, e classico), sul palco è tutto un preconfezionato, ingessato e noioso ringraziamento a mogli meravigliose, madri lungimiranti, compagni di lavoro straordinari. Il solo momento di autentica commozione è quello dell’omaggio agli scomparsi dell’anno, l’unico guizzo di vivacità arriva dai vecchi Kirk Douglas che più arzillo che mai corteggia la Hathaway, e Randy Newman (miglior canzone per Toy Story 3), che ironizza sul rapporto tra 20 candidature e due sole statuette vinte. Timidi, troppo timidi Anne Hathaway, che sfoggia un abito dell’archivio Valentino ogni 15 minuti, e James Franco che si muove come un corpo estraneo nel circo hollywoodiano. Tutto come previsto, nemmeno una sorpresa, passioni sotto controllo, solo un sussulto di sana indignazione quando Charles Ferguson, il regista di Inside Job, miglior documentario, ricorda che nessuno dei truffatori responsabili del recente crollo di Wall Street è finito in galera. Ma la platea non raccoglie. Firth si considera risarcito dell’Oscar perso per il film di Tom Ford, la Portman festeggia in viola e col pancione, Christian Bale e Melissa Leo consacrano un film come The Fighter che ai selezionatori del Festival di Venezia non era piaciuto, In un mondo migliore di Susanne Bier trionfa anche al Kodak Theatre. Grandi sconfitti i film sul Facebook e soprattutto Il Grinta: dieci candidature e neppure una statuetta. I Coen in platea sbadigliano, ma non sono i soli.
ALESSANDRA DE LUCA
Lo scorso anno ci eravamo illusi che l’Academy si fosse svecchiata un

LUCA BARNABE’
E' bastato il pur bel collage montato a presentare i 10 candidati a miglior film a farci capire che il "sovrano" avrebbe sovrastato gli altri: Colin Firth e il suo discorso contenitori sonori per le immagini degli altri titoli. La 7ma di Lodovico Van in struggente ma scontato sottofondo. Io proprio non ci sto con quest Oscar (miglior film e regia) a Il discorso del re, surreale scippo all'altro inglese Nolan "il visionario" (premiato con Wally Pfister, foto qui sotto) ma soprattutto al sincopato Fincher (il mio preferito a tali premi). Mi consola un Oscar specifico a The Social Network: quello al MONTAGGIO perché diciamolo, un film ben girato e mal montato è come avere ottimi ingredienti buttati a caso. E nel caso di questo film mi è parso perfetto a riverbera

ANNA MARIA PASETTI