mercoledì 30 settembre 2009

Anteprima New Moon





Cari tutti, innanzitutto non c’è stata nessuna irregolarità nella distribuzione dei biglietti, purtroppo funziona come funziona per tutti i concerti e gli eventi in generale. I biglietti sono andati esauriti subito, anzi prima di subito! Per il momento ancora non siamo in grado di dire se ci saranno repliche perchè servono autorizzazioni dall'America per fare ulteriori proiezioni. Vi facciamo però sapere al più presto se ci saranno evoluzioni in questo senso. Intanto posso confermare che al Festival il prossimo 22 ottobre ci saranno tre Volturi: Caius, Demetri e Alec ovvero Jamie Campbell Bower, Charlie Bewley e Cameron Bright oltre alla sceneggiatrice di Twilight e New Moon, Melissa Rosenberg.

domenica 27 settembre 2009

FESTIVAL DEL FILM DI ROMA: da New Moon a Triage





Come in molti sapranno, dal 15 al 23 ottobre all’Auditorium di Roma ci sarà la quarta edizione del Festival internazionale del Film di Roma in cui si potrà avere un assaggio in anteprima di New Moon con la presenza della sceneggiatrice Melissa Rosenberg e di alcuni membri del cast. Per ulteriori informazioni passate di qui mercoledì prossimo, ne saprete di più e a quel punto sarà davvero data l'ufficialità, ma fino ad allora non fidatevi di altre voci che sentite in rete. Il giorno previsto per l'evento è stato fissato: sarà giovedì 22 ottobre alle 16 nella Sala Sinopoli dell'Auditorium.




Il Festival partirà però ufficialmente giovedì 15 ottobre, i biglietti saranno in vendita già da domani mentre dal 2 ottobre allegato a Ciak troverete Ciak Pocket (a fianco), una guida completa al Festival con tutti i film, gli eventi, gli ospiti, da Meryl Streep a Richard Gere, e gli incontri da non perdere. Il primo film in concorso della rassegna sarà proiettato giovedì 15 ottobre alle 19.30 in Sala Santa Cecilia e sarà Triage, il nuovo lavoro di Danis Tanovic, premio Oscar per No Man’s Land, che qui ha preso il libro autobiografico del reporter Scott Anderson per raccontare la storia di Mark Walsh (un Colin Farrell dimagrito e smunto), inviato di guerra che torna a casa dalla compagna Elena (Paz Vega) dopo un lungo periodo trascorso in Kurdistan che lo ha letteralmente sconvolto. Elena cercherà di capire cosa gli è successo, aiutata anche dal padre psichiatra (Christopher Lee). Per ottenere la parte di Walsh, Farrell si è nutrito per sei mesi solo di tonno, caffè e Diet Coke, e ha voluto recarsi personalmente a Srebrenica, dove l'11 luglio del 1995 vennero massacrati quasi ottomila musulmani bosniaci.

Triage non sarà però l’unico film della Selezione Ufficiale a trattare gli orrori della guerra, come racconterò i prossimi giorni…

lunedì 21 settembre 2009

ANTEPRIMA: New Moon a Roma? Sì













L’anno scorso la presentazione in anteprima di Twilight e l’arrivo al Festival Internazionale del Film di Roma dei due protagonisti del film, Robert Pattinson e Kristen Stewart, scatenò un vero e proprio finimondo sul red carpet dell’Auditorium. Quest’anno, già da qualche mese (l'ultimo è stato KK ieri notte nei commenti) continuano ad arrivarmi richieste e domande se verrà fatto qualcosa a Roma anche per New Moon, il secondo capitolo della saga di Stephenie Meyer, che uscirà poi nelle sale il 20 novembre. La risposta è sì, ve la do qui in anteprima assoluta: al Festival (in programma a Roma tra il 15 e il 23 ottobre), ci sarà un evento che riguarderà New Moon, ma al momento ancora non sappiamo chi potrà essere presente all’anteprima perché tutti sono impegnati sul set canadese a girare Eclipse, il nuovo capitolo. Comunque sappiate che stiamo lavorando per voi, ma non conterei troppo su Pattinson... contiamo comunque sulla vostra passione…

domenica 13 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: Premi e conclusioni







In attesa delle polemiche che arroventeranno le pagine del giorno dopo sull'esclusione di Baarìa di Giuseppe Tornatore dai Leoni, comunico il mio disappunto personale (condiviso da molti) per l'assenza di Lourdes dai premi della 66esima Mostra. Ma gli equilibri di una giuria sono delicati e, in fondo, ha vinto uno dei film più belli, Lebanon (foto sopra), e c'è poco da lamentarsi. Tra tanto impegno, fa molta allegria il Premio della Giuria a Soul Kitchen di Fatih Akim che diverte e appassiona golosamente: cucina e ricette sembrano essere il nuovo modo scovato dal cinema per sfuggire al grigio quotidiano. E poi finalmente si sono accorti tutti della bravura sottotraccia e piena di classe di Colin Firth premiato come migliore attore per A single man, l'esordio "elegantissimo" (fin troppo?) dello stilista Tom Ford. Meno comprensibile (se non per italica consolazione) aver premiato la Xenia Rappoport di La doppia ora piuttosto che l'eccellente Margherita Buy di Lo spazio bianco. Senza contare la gaffe di aver premiato Jasmine Trinca come attrice emergente, come se La stanza del figlio, Il caimano e Romanzo Criminale li avesse girati un'altra. Ieri sera sono andata a letto stremata dalla kermesse (e ancora sotto ipnosi per The Hole di Joe Dante in 3D), vagamente inquieta per l'immobilità facciale di Sylvester Stallone, tanto botulinato da sembrare il mascherone di se stesso. Sul tappeto rosso faticava persino a guardarsi intorno e a sorridere ai fan. Peccato, ci piacerebbe vederlo invecchiare sereno il nostro Rambo, ci piacerebbe ritrovarlo fuori dalla giungla, in un ruolo maturo, pacificato con l'età, un sessantenne che non teme di esserlo e che per questo sarà più Rock(y).

sabato 12 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: La nostra festa






L’altro ieri sera c’erano tutti alla festa di Ciak, negli anni ormai diventata un tale must nei giorni della Mostra che per due giorni viviamo nascosti per sfuggire ai cacciatori di biglietto. La notte è stata abbastanza pazza, con la gente a ballare fino alle 4 del mattino. Tutto merito (o colpa) degli strepitosi deejay alla consolle: dal tenero Gerry Pulci di Radio 101 alle guest star Claudio Coccoluto, the king of House, Beppe Fiorello (che con la barba non è più Fiorellino e ci guadagna) a Principe Maurice, corna d’argento in testa e lenti a contatto bianche. La più bella di tutte, sul cubo, Violante Placido. Tra quelli che sono passati alcuni potete vederli nelle foto di Piermarco Menini, da Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio a Michele Placido. Per mandare tutti a casa abbiamo intonato, disperati, This is the end, ma l’antifona non è bastata…


venerdì 11 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: Horror, sogni e feste

Rieccomi. Troppi film, feste di Ciak da organizzare (di cui vi scriverò poi in un post a parte), interviste da inseguire per tenere il ritmo.


1. Riparto dalle pagelle, senza voti, per un Festival dove il glamour è stato sostituito dal dibattito politico e dall’orrore, che peraltro ha deluso con gli zombie più morti che viventi di un Romero in stallo. Lo spavento non è diventato metafora, meglio La horde di Yannick Dahan visto alle Giornate degli Autori.

Di certo da segnarsi sul taccuino il thriller ghost La doppia ora di Giuseppe Capotondi, l’opera prima italiana in concorso che porta l’insolito nel nostro cinema. Inizio folgorante, brividi sussulti e piccoli spaventi, con tanto di soprannaturale nell’amore (ma sarà così) e il mistero dentro le vite proletarie di Filippo Timi e Xenia Rappoport. Bravissimo lui, che spacca lo schermo con quello sguardo maniacale, un po’ sopita lei. Perde un po’ colpi il meccanismo ad orologeria che presiede al complesso inganno, ma il film è un inedito tentativo (per l’Italia) di mischiare il genere con il tocco d’autore. Averci provato è già un bel risultato.

2. Il ‘68 di Michele Placido de Il grande sogno, invece, si perde nella fiction e fa soffrire per i dialoghi che traboccano parole d’ordine da volantino, anche se nel finale la deriva verso il sentimento è riuscita. Ma il tutto sembra un depliant del perfetto sessantottino: tadzebao, striscioni, poliziotti infiltrati in crisi, studenti che discettano “nella misura in cui”. Non c’è traccia di romanzi criminali e quella generazione ne esce troppo malconcia nonostante il grande sogno.

Peccato perché i tre protagonisti – in particolare Luca Argentero, ma anche Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca - il fuoco ce l’avrebbero. Si constata che in Italia, oggi, ci sono tanti bravi attori in cerca d’autore.


3. In testa alle preferenze personali ancora Lourdes, Lebanon e l’italiano Good Morning Aman, dimenticando quei pasticciacci brutti di Mr.Nobody di Jaco Van Dormael e Al Mosafer (The Traveler) dell’egiziano Ahmed Maher, che di bello e comprensibile ha solo la fotografia del nostro Marco Onorato. Ho pianto infinitamente con Lo spazio banco di Francesca Comencini, con una Buy da premio, di The Informant di Soderbergh porto a casa la splendida performance di Matt Damon, l’attore più schivo del mondo (ci vuole sempre un po’ prima di ricordarlo tra i più bravi eppure sotto sotto quell’aspetto pacioccone, si nasconde un grande solista).


Ingrassa a vista d’occhio (vedi foto sopra), proprio come capita ai protagonisti di Gordos dello spagnolo Daniel Sanchez Arévalo, farsa sull’ossessione della dieta la cui lavorazione è durata un’eternità per permettere ai protagonisti di mettere su molti chili e perderli. Altra stelletta delle Giornate degli Autori, con corredo di analista e comunità di recupero per obesi. Dimenticare Rivette, l’abbiamo tanto amato e non vale la pena di rovinarsi il ricordo con la leggerezza un po’ così di 36 Vues Du Pic Saint Loup, dove Castellitto è sognante e sperduto al punto giusto, ma non cialtrone sublime come nel bel film-commedia Tris di donne & abiti nuziali di Vincenzo Terracciano, vagabondaggio nella Napoli notturna dell’azzardo rovinato in parte dall’arpeggiare continuo di Nicola Piovani.

4. Infine non saprei che dire de Il compleanno di Marco Filiberti (foto sotto), tentativo mèlo su tema gay: un'estate all’inferno a coppie incrociate, dove lo psichiatra in vacanza si innamora, a sorpresa, con ossessione e strazio, dell’efebo di turno. L’opera di Wagner su cui si apre allude all’ouverture di Senso? Spero di no. Funziona la parte centrale, la crescente tensione tra coppie nel calore estivo e mi piace Alessandro Gassman che recita con ironico distacco, consapevole del rischio. Sarebbe interessante se non riuscito, ma nel finale cede ad un classico fuori tempo e luogo, dove le donne come sempre pagano.
Ma perché? Peccato di nuovo, perché Filiberti è simpatico e ha talento, ma necessità di produttore.


domenica 6 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: Persecuzioni, Capitalismo e altre storie











1. Tanti tanti film e poco tempo per scriverli. Ieri due film diversissimi tra loro come Persécution di Patrick Chereau e Capitalism, My Love di Michael Moore titolo evocativo benedetto dalla ressa al botteghino. Persécution ha fatto perdere la tesa al mio amico Mereghetti (quattro stelle), a me no. Certo Chereau gira con mano sporca, e abbastanza misteriosa su esseri e cose e luoghi, da risultare affascinante con quella musica che precipita breve su alcune inquadrature senza frastornarci, ma aggiungendo angoscia alle vite perse del film. E, certo, il protagonista Romain Duris è come sempre straordinario (qui di più) e il tema forte: si può essere perseguitati e persecutori per amore e per solitudine, si può essere liberi e selvaggi e tuttavia portare nel cuore la compassione per gli anziani e per i più deboli? Tutto si può, ma: il personaggio di Anglade, lo sconosciuto che irrompe nella vita e nella casa di Duris e finisce per diventare il suo tormentatore e personale filosofo mi provoca fastidio (come del resto tutti i personaggi del film, tranne l’amico matto), Charlotte Gainsbourg recita con quel tremito alla bella bocca che abbiamo già visto mille volte e nella seconda parte si parla (e ci si parla addosso) davvero troppo anche per un film francese.






2. Naturalmente più divertente (ma anche tanto più facile) l’invito alla rivoluzione di Michael Moore, umorista come sempre ma anche un po’ stufo (lo dichiara alla fine) di fare sempre il solito ‘circo’. “Continuerò se anche voi dalla sala vi unirete alla mia lotta” recita la sua voce fuori campo mentre srotola attorno a Wall Street il nastro giallo Crime Scene. Storie di licenziamenti e soprusi, tentativi di spiegare gli astrusi termini di borsa che ci hanno ingannati e seppelliti, film technicolor della bella America del libero mercato e perfino uno strepitoso Gesù di Zeffirelli doppiato come se fosse un spietato broker che spiega le regole della libera iniziativa. Le interviste sono spesso strazianti, la cinepresa di Moore entra nel vivo degli sfratti esecutivi con esproprio della casa di proprietà, ci rivela l’esistenza di società che vivono sul fallimento altrui, industrie che guadagnano con l’assicurazione sulla morte dei dipendenti, meglio se giovani e via dicendo. Si ride, ci si addolora, ci si indigna e si esce a pugno chiuso nei giardini del Palazzo del Cinema addobbato a festa (segnatamente in rosso). Ma non c’è un passo avanti nel cinema di Michael: i cattivi sono cattivi, le soluzioni sono semplici e sempre dalla parte dei buoni, il che ci fa sentire tutti compagni di lotta nel buio della sala, ma lascia poca traccia nel nostro immaginario visivo. Comunque, meglio che ci sia. Lunga vita a Moore!





3. Voglio restare in tema impegno, già che ci sono, e sottolineare Desert Flower di Sherry Norman tratto dal libro di Waris Dirie, la modella somala che ha avuto il coraggio di denunciare la barbarie dell’infibulazione creando scalpore ma anche contribuendo a rendere di dominio pubblico una pratica antica e discriminatoria. Nel film la modella è intepretata da Liya Kebede e ci sono anche Sally Hawkins e uno dei miei attori-feticcio Timothy Spall (ognuno ha le sue magnifiche, piccole, perversoni, no?). Non so se il film sia davvero bello, so che è importante, toccante. Da vedere.

Ps: Un altro giovane somalo sta per sconvolgere il Lido, è il protagonista dell’unico film italiano della Settimana della Critica, Good Morning Aman, prodotto e interpretato da Valerio Mastandrea. Un film piccolo, intenso, innovativo di Claudio Noce. Domani ve ne dirò di più

sabato 5 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: Tra nostalgia e futuro









1. Leggo nelle agenzie che a Roma il clima si infiamma attorno al film del ’68 diretto da Michele Placido, Il grande sogno, ma intanto al Lido continuano a comparire, come in un mercato vintage della nostalgia, Urss e bandiere rosse. Succede anche nel delicato (e fin troppo forbito) Cosmonauta (foto qui sopra), esordio di Susanna Nicchiarelli. È la storia di una ragazzina che si scopre comunista in concomitanza con il lancio nello spazio della cagnetta Laika e decide di usare l'eroica avventura nello spazio come marketing per il PCI e per il comunismo. Un'educazione sentimentale di sinistra ortodossa corredata da liberazioni femminili, ambientazioni un po' surreali un po' fashion, arredi anni Sessanta e ritmo di commedia con puntine di grottesco. Carina si diceva un tempo, ed era un insulto. Qua è solo un incoraggiamento: visivamente bello (con persino troppa consapevolezza) il film non va mai in affondo, preferendo navigare sulla liscia superficie della nostalgia, grande protagonista di questa Mostra.

2. Con ben altra cupezza e qualche spreco di nomi illustri (tra gli sceneggiatori compare Stieg Larsson, quello di Millenium) si concede lo stesso difetto e limite anche Metropia, l'animazione assai realista firmata da Tarik Saleh, già compagno di avventure di Erik Gandini, quello di Videocracy. Il mondo è ormai senza petrolio e un'immensa rete di metrò unisce sotterraneamente tutte le capitali d'Europa. Ma dentro quella Rete il depresso Roger si ritrova prigioniero, dominato dalle voci. Apologo consueto sul totalitarismo e i Grandi Fratelli, riscattato solo in parte dalla solenne, cupa, visionarietà e dalla qualità dell'animazione modello Valzer con Bashir. Niente di nuovo sotto il tratto. Anzi, forse semplicemente niente. Ma un occhio buttatecelo, se mai uscirà (se no sapete come arrangiarvi...).


3. Io intanto m’immergo in una Rete di feste (che io vivo male come Roger la Rete del metrò), da quella sul rompighiaccio di Alberta Ferretti in onore di Nicolas Cage a quella più modesta di Marie Claire nel nuovo spazio-palafitta sulla piscina dell'Excelsior. La giornata è stata lunga, fitta di film e incontri e c'è ancora da correre sui tacchi. Domani resoconto di altri film (al remake de Il Cattivo Tenente di Werner Herzog devo pensare ripensare). E di qualche party con vista sulle star (sempre più rari).

venerdì 4 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: Lourdes e altre rivelazioni







1. Un vero miracolo oggi a Venezia al Lido: Lourdes di Jessica Hausner. Con lucida ironia il film vi porta nel cuore della città delle apparizioni, lasciando appena sullo sfondo la kermesse turistica in cui si è trasformata, fin dentro la grotta e le piscine miracolose e le abluzioni di acqua santa, al seguito di una malata paralizzata dalla sclerosi a placche, una magnifica Sylvie Testud (nella foto, tra le candele). Fra malattie, disillusione, fede e riti sacri, sulle note dell’Ave Maria che risuonano ovunque (ma non manca in controcampo Felicità del nostro Al Bano), la regista austriaca (ma lingua e coproduzione sono francesi) costruisce un piccolo apologo dove il miracolo accade, ma non per sempre, mentre il dolore resta tale, dissipando con tenerezza e senza clamori le mitologie della fede. Non ci sono proclami, solo gesti, silenzi, testimoni muti e i rituali quotidiani del pellegrinaggio di massa. Intorno alle geometrie degli hotel-ospedale della speranza, disegnati con colori netti dominati dal rosso delle divise, ruotano preghiere e piccole profanità intinte nell’acido dell’ironia, ma senza mai proclamare un’unica verità. Un film acuto, per nulla prepotente, che il passaparola lancerà lontano.

2. E poi qualche altra sorpresa per scordare la piatta inutilità di The Road di John Hillcoat con Viggo Mortenesen, che tutti attendevano dopo aver amato il romanzo di Cormac McCarthy. Per esempio, Je Suis Heureux Que Ma Mere Soit Vivante di Claude e Nathan Miller, apertura delle Giornate degli autori, ve l'ho anticipato ieri. La rabbia di un ragazzino cresciuto nel disamore e poi adottato che finisce per ritrovare la madre naturale e borderline offrendole l’amore e l’attenzione che lui non ha avuto. Miller sceglie la strada secca del cinema minimale, lacerante e spietato come una lama di coltello o come il finale che brucia ogni retorica chiacchiera sulla possibilità di riscatto. Maladolescenza e autoillusione fino alla resa dei conti, inevitabile e comunque inattesa (non faccio spoiler, anche se riduce le possibilità di racconto e recensione. Spero apprezziate).


3. Coda interminabile per Videocracy di Erik Gandini, il documentario sullo strapotere televisivo oggi in Italia. Non ce l’ho fatta a entrare, ma per fortuna è rimasto fuori anche Fabrizio Corona annunciato in sala per assistere al suo trionfo trash. Come certo saprete è troppo impegnato, si sta disintossicando dal bullismo, ben documentato, mi dicono, su grande schermo da lunghe esibizioni di virilità. A costo di sembrare snob sono contenta di averlo perso anche in effige. Ho rimpiazzato Videocracy con lo spagnolo Gordos di Daniel Sanchez Arévalo. Spunto molto frizzante: l’ossessione del grasso attraverso un gruppo di personaggi in terapia che dimagriscono e ingrassano compulsivamente nel corso del film. Come si dice: curiosa l’idea, prodezze d’attore lunghe un anno tra diete dimagranti e ingrassanti, ma scarso costrutto ai limiti della farsa.


P:S: Scusate se mi sono ripetuta su Miller ma è proprio bello. In ultimo ho recuperato per il ciuffo il film di Todd Solondz, Life During Wartime (foto sotto), che è proprio intelligente e divertente e di cui vi dirò. Nel frattempo segnatevi anche Metropia, che chissà se mai uscirà in sala, il visionario cartoon distropico di Tarik Saleh, realismo apocalittico sicuramente da fanatici del genere. Per me fin troppo cerebrale, pur nella sua malata bellezza. Ma ero al sesto film (senza contare quelli che sto vedendo per Roma) della giornata.



giovedì 3 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: La prima giornata







1. Giornata Baarìa, dopo la recensione di Berlusconi ci proviamo anche noi, più modestamente. Un film quello di Tornatore che getta il cuore oltre l’ostacolo, per quasi tutto il tempo lo supera di slancio, qualche volta si infrange contro l’asticella messa troppo in alto. Perché la scommessa non è solo quella di raccontare cinquant’anni di storia italiana vista attraverso le maschere di Bagheria, ma soprattutto quella di eludere il realismo e immergersi in un meccanismo complesso che altera la successione spazio temporale. Il bambino E.T. del prologo corre e s’alza in volto frenetico, come la strummula, la trottola con cui gioca, portato dal vento che scuote tutte le immagini, lo scirocco di Sicilia: sotto di lui scorre il suo paese natale Bagheria, sotto di lui corre il ragazzino che poi sarà suo padre e i cinquant’anni scorrono tutti nel tempo di quel suo librarsi. Tre generazioni fra lotte politiche e scontri di una politica bella perché filtrata dall’amarcord personale, ma anche perché idealista, frontale, netta, bandiere rosse da una parte e cattivi dall’altra, eppure tutti disposti ad una battaglia limpida. E’ nostalgia, con troppa musica di Morricone, con forse troppe segmenti e bozzetti, ma con tratti bellissimi divertenti, ironici, affettuosi, epici. E quando il ragazzino-padre alla fine si risveglia da quello che forse è stato tutto un sogno (questa non ci voleva!) esce con i suoi miseri vestiti degli anni Venti nelle strade caotiche della Bagheria di oggi, deturpate dall’abuso edilizio per una caccia al tesoro che sulla sua strada gli fa incrociare la magica corsa del figlio. Uno slancio che il cinema italiano merita e che di solito non osa, con qualche astrusità e macchinosità di troppo nel prefinale (il vero finale, sui titoli di testa, è di gran lunga più sorprendente). C’era una volta in Sicilia, c’era una volta la Sicilia. Due protagonista dal carisma esplosivo, in particolare Francesco Scianna (più acerba la bellissima Margareth Madè), e tanti cammei fra cui si distinguono per forza e intensità Ficarra (l’episodio del tentato suicidio è una burla amarissima e struggente) e Leo Gullotta. L’ambizione ci sta tutta e la voglia di cinema e fabula è tale che persino le mancanze diventano generose. Il mondo di oggi è altroce, lontano dai meccanismi della memoria privata del regista. Ma proprio l’assenza della contemporaneità serve a sottolineare ancor più il disagio, lo squilibrio, lo sconcerto di questi tempi. Pare un cinema pacificato nella retorica della memoria, in realtà vola troppo alto sino a bruciarsi talvolta le ali, un Icaro per niente allineato. Per lo meno non alle piccole visioni quotidiane.

2. Il festone-cenone d'inaugurazione della Mostra, consueto appuntamento sulla spiaggia sotto le volte di plastica dell'immane tendostruttura dove non manca nessuno di quelli che contano o pensano di, stavolta non l'ho visto se non per cinque minuti. Poi mi sono tolta i tacchi, ho infilato le infradito e sono andata alla Villa degli Autori per cenare con Claude Miller che ai Venice Days ha presentato il film più bello della giornata: Je Suis Heureux Que Ma Mère Soit Vivante (diretto con il figlio Nathan): duro, spietato, lucido. Una coltellata al cuore della maladolescenza.

3. Nel frattempo registro che fuori le mura del protettivo Excelsior, dove continua a concentrarsi tutto, restano solo cantieri, staccionate, barriere, tubi innocenti. Il Lido diventa sempre più piccolo. La Mostra ce la farà a battere la maledizione della laguna? Intanto domani altri film…

mercoledì 2 settembre 2009

CIAK IN MOSTRA: In diretta con Venezia





Con l'apertura affidata a Baarìa di Giuseppe Tornatore, oggi è iniziata ufficialmente la 66esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Ovviamente Ciak è in prima fila al Lido per seguire film, eventi e conferenze stampa, oltre che per capire quali saranno i film su cui puntare e darvi delle recensioni in anteprima. Da domani inizierò su questo blog Ciak in Mostra, ovvero un personale diario dalla laguna, in cui vi racconterò la mia Venezia.
Vi aspetto.