giovedì 26 febbraio 2009

L'ATTACCO DEI BLOGGER


L’anno scorso negli Stati Uniti ben trenta critici della carta stampata sono stati licenziati, sostituiti da blogger o non sostituiti affatto.
I siti americani di cinema negli ultimi anni si sono moltiplicati diventando sempre più influenti sulle scelte del pubblico.
Non bastasse questo, il novanta per cento dei giovani ha anche ammesso di non farsi influenzare per niente dalle recensioni dei giornali al momento di entrare in una sala. E in Italia? Cosa sta succedendo? Si sta profilando lo stesso panorama all’orizzonte? Nel nuovo numero di Ciak di marzo, appena uscito, trovate un’inchiesta di quattro pagine sulla situazione italiana: abbiamo interpellato blogger, siti, critici blasonati e uffici stampa per capire quale sarà il futuro della critica cinematografica italiana. È destinata a sparire? E perché? Il futuro è davvero dei blogger? E quali sono i più importanti? Un lungo viaggio nella critica cinematografica del nuovo millennio, tra molte promesse e poche certezze.
Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate.

lunedì 23 febbraio 2009

LA NOTTE DEGLI OSCAR


Poche sorprese: trionfo di The Millionaire (otto statuette su dieci nomination), film perfettamente nel mood post-Obama, povero, bello e sognante senza dimenticare i mali del mondo, dunque Oscar perfetto. E pur soffrendo per la sconfitta di Mickey Rourke chi potrebbe contestare la bravura di Sean Penn in Milk ? Del resto, come dicono a Los Angeles, Rourke ne ha combinate troppe negli anni passati, ha rotto le scatole a mezza (e più) Hollywood e il suo premio è già stata la nomination. Nella categoria "Solo chi cade può risorgere" spero arrivi presto il momento di Robert Downey Jr., uno dei miei preferiti in assoluto. Kate Winslet davvero non aveva rivali, oggi è la più brava (meglio, molto meglio, di Penelope Cruz, troppo Nannarella per i miei gusti). Oscar (politicamente) corretto, rivitalizzato nella formula televisiva (l'anno scorso gli ascolti erano crollati), Hugh Jackman sfavillante nella versione performer a tutto tondo, canto e ballo, ospiti e premiatori a piene mani. Resta per me il mistero dell'esclusione da tutto di Clint Eastwood con Gran Torino, un capolavoro. Ma forse il vecchio Callaghan che rivede se stesso in una cruda America razzista, e da anziano rimette in pista le proprie idee da giustiziere solitario con un finale cristologico e inatteso, era troppo indigesto per la Notte degli Oscar dove bisogna stare attenti a raccontare il lato oscuro del mondo ma senza disturbare troppo, con tono da bravi ragazzi o quantomeno da bad guy pronti al riscatto.

mercoledì 18 febbraio 2009

LA FOTO DELLA SETTIMANA

Questa settimana la fotografia che ho scelto per il blog, proprio qui sopra, ha per protagonisti Barbara Stanwyck e Fred MacMurray nel mio film preferito di sempre: La fiamma del peccato, ovvero Double Indemnity nell’originale, diretto da Billy Wilder. Lei vuole l'assicurazione del marito, lui, l'assicuratore, vuole lei. Alla fine, al dittafono, l'uomo confesserà: "Ho ucciso per i soldi e per una donna. E non ho avuto i soldi e non ho avuto la donna". Poco prima l'ammazza abbracciandola stretta, con un colpo in pancia e con queste parole "Bye, baby!". Sceneggiatura di Raymond Chandler dal romanzo di James C.Cain. Il braccialetto che Barbara porta alla caviglia nel primo frame in cui appare (si vedono solo le sue gambe che scendono le scale) è un simbolo inimitabile di follia e perdizione. Siamo nel 1944 e basta un'inquadratura a Wilder per fare danno.
Ci riescono solo i grandi.

martedì 17 febbraio 2009

La recensione: IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON


David Fincher impegna ogni suo talento (e sono tanti, folli) in questo film metafora in cui qualcuno ha già letto infanzia, decadenza e dissoluzione dell’America, dalla gloriosa vittoria del 1918 alla devastazione di Katrina (su cui si apre e chiude il racconto). Eppure, nonostante la ricercata bellezza dell’insieme, il regista non riesce a cancellare il voyeurismo che ne falsa la visione. Dal momento in cui Benjamin nasce, neonato vecchio e rugoso, crescendo poi all’incontrario, noi tutti aspettiamo solo quello: l’attimo in cui Brad Pitt ri-diventerà Brad Pitt, che infine arriva, con la star che sbuca trionfale dalla curva in sella alla motocicletta. C’è un che di ironico, lo so, eppure questa attesa rende tutto il resto assai improbabile, svela il meccanismo, il cerone, il trucco, l’effetto speciale e li porta in primo piano cancellando la profondità a favore dell’abbagliante superficie.
Insomma, finisce su una nota dissonante la magnifica divagazione (tratta da Francis Scott Fitzgerald) sul tempo che ci rincorre e noi rincorriamo con l’angoscia di sapere che le rispettive lancette non si allinearanno mai. Ci si concentra forse troppo sul mutare prodigioso del corpo degli amanti che, lo sappiamo già, potranno unirsi solo per un breve momento, quando lei, Cate Blanchett, sarà gia vecchia e lui sul punto di precipitare nell’infanzia. Ma è altrettanto innegabile che proprio in questo destino avverso, fin troppo annunciato allo spettatore, risieda il potere ipnotico del film.

mercoledì 11 febbraio 2009

Festival di Berlino 2009: THE READER


La colpa e il segreto. L’eterna colpa della Germania che ha chiuso gli occhi dinnanzi all’Olocausto. Il segreto che lega e separa le persone. Nel dopoguerra il quindicenne Michael (David Cross) vive una relazione erotica con una donna molto più grande, Hanna (Kate Winslet), che da lui, prima del sesso, si fa leggere romanzi e novelle. Un giorno Hanna scompare all’improvviso dalla vita del ragazzo che però, otto anni dopo, studente in legge, la ritrova imputata in un processo contro alcune kapò accusate di strage. Michael si ritrova testimone muto, attonito, incapace di rivelare il legame proibito e di svelare quel segreto, l’analfabetismo di lei, che la stessa donna cela ostinata anche se in qualche modo potrebbe migliorare la sua posizione. Le loro vite, quella di lui (Ralph Fiennes è Michael adulto) chiusa nell’agiata aridità e quella di lei tra le mura di una prigione, proseguiranno mute, segnate dalla colpa di non aver visto e non aver detto, di essere stati complici inermi, ciascuno in modo diverso. Tra loro nessun contatto, solo quelle cassette recapitate in carcere in cui l’uomo registra i romanzi che la donna amava sentirgli leggere e attraverso cui la prigioniera impara a tracciare le prime parole. Kate Winslet, punto vivo del film di Stephen Daldry (la sceneggiatura dal libro di Bernhard Schlink è di David Hare) riesce meravigliosamente nella dura prova di riassumere nel proprio volto, quasi senza parole, il dramma di una generazione cieca di fronte all’Olocausto. Altrettanto cieco è chi, in particolare tra i critici americani, ha visto nelle sobrie scene di sesso tra i ragazzo e la signora un intollerabile sconfinamento nel voyeurismo porno e pedofilo. Quella passione chiusa tra quattro mura, ignara del mondo esterno e delle sue regole, colpevole di presunta innocenza, è solo la necessaria premessa al racconto di una generazione per sempre perduta.

sabato 7 febbraio 2009

La recensione: FROST/NIXON


Ci sono film fatti di poco o niente, proprio come questo Frost/Nixon, minimale fin dal titolo. Necessità di scena? Due poltrone, due eccellenti attori, Michael Sheen e Frank Langella, un coro di protagonisti in tiro (Oliver Platt, Sam Rockwell, Kevin Bacon), dialoghi rifiniti al millesimo, confronti rapidi, nessuna divagazione nel passato pubblico e privato.
Di solito più pompier e formale, qui Ron Howard asseconda il ritmo originale da pièce teatrale (la firmava Peter Morgan, come la sceneggiatura) e taglia corto, ma senza nulla togliere alla suspense. Richard Nixon (Langella), tre anni dopo il Watergate, accetta il faccia a faccia televisivo con il frivolo conduttore di talk show David Frost (Sheen) convinto che la sua oratoria avrebbe vinto sull’inesperienza politica dell’altro e di poter in questo modo riabilitare la propria immagine. Non fu così: dopo un inizio a favore dell’ex Presidente americano, l’incontro si chiuse con la vittoria ai punti di Frost e il cono d’ombra definitivo su Nixon, mai più ripulito dai reati di corruzione. Nei tempi e nei modi di una sola, lunga, intervista televisiva Morgan e Howard apparecchiano una lezione di storia contemporanea di chiarezza cristallina. Il regista insiste abilmente sulla preparazione ‘atletica’ dei due contendenti, con i secondi (i rispettivi autori e consiglieri), ben presenti all’angolo del ring, ricordandoci quanto la tv possa modificare il corso della storia segnando per sempre, oltre ogni ragionevole dubbio, l’immagine dell’ex-Presidente convinto invece di sfruttarla. Cinque nomination (di cui una a Langella) tutte meritate.

martedì 3 febbraio 2009

La recensione: REVOLUTIONARY ROAD


Nel caso di Revolutionary Road il vero effetto speciale è l’assoluta, cristallina, classicità: bastano una chiazza di sangue che s’allarga sul tappeto candido, un carrello all’indietro, la luce vivida che delinea i contorni netti della bella casa nel quartiere residenziale, ad annunciare, e insieme chiudere, il dramma. Siamo negli anni Cinquanta, la bella coppia formata da Kate Winslet e Leonardo DiCaprio si incista nella routine dopo un fidanzamento colmo di sogni e speranze. Tra devastanti litigi (mai così veri al cinema) e soffocate tristezze, lei non si arrende al disamore e convince il marito a lasciare tutto per Parigi, sfidando l’incomprensione del vicinato conformista. Lui sembra accettare, ma infine un’opportunità di carriera lo fa recedere. Piccole follie quotidiane oltre la siepe, prati ben rasati, moderne cucine dove risuonano silenzi-assensi come beneducati preludio all’odio. DiCaprio e la Winslet sono carichi di brutale risentimento e sui loro volti i sentimenti contrastanti fluiscono rapidi, mobilissimi, ambigui. Spaventevole ma vero, il vicino disturbato Michael Shannon (candidato all’Oscar come miglior non protagonista), che durante le rituali visite di cortesia disvela l’infelicità di lei e la codardia dello sposo. Chi accusa il film di “accademica inutilità” evidentemente non ha mai riposto sogni nel cassetto o forse semplicemente non ne ha mai avuti. Sfrutti almeno l’occasione per rileggere lo splendido romanzo misconosciuto di Richard Yates da cui è tratto.