giovedì 29 gennaio 2009

PERCHÉ UN BLOG?

Perché un blog? Perché il tempo non basta più, i cicli sono rapidi e anche i Piaceri Forti a volte sono fulminei, improvvisi, brucianti. Si può chiacchierare distesamente sulla carta stampata, nelle pagine di Ciak, ma si deve sfrecciare veloci, come i nostri, come i miei, pensieri, sulla Rete. Da dodici anni (ventuno, se contiamo la permanenza a Ciak) ogni mese cerco di interpretare i vostri desideri. Aspetto i vostri segnali, voi aspettate le nostre pagine. Da oggi la comunicazione sarà più veloce, elettrica. Vi dirò quello che penso. Ma soprattutto vi leggerò. Let's start.

BARACK’N’ROLL


Mi avete scritto in tanti, troppi per citarvi tutti, per chiedermi cosa penso delle nomination. Una prima risposta è già in copertina del nuovo numero di Ciak di febbraio, chiusa molto prima dell’annuncio, e da cui sorridono le due superstar del momento Brad & Cate, protagonisti del film più candidato: Il curioso caso di Benjamin Button. E se non bastasse, su Ciak, potrete godervi un’originale lezione di cinema concessaci in esclusiva dal regista David Fincher. Mai come quest’anno il cinema americano scelto per l’Oscar ha saputo rispecchiare il mondo, sospingendo con grazia e forza visionaria la realtà verso la fiaba. Metafore larger than life: Benjamin Button rappresenta la paradossale parabola che ridisegna infanzia e maturità dell’America, un film cruciale nelle cui vene scorrono le parole del leggendario Scott Fitzgerald, splendore e spleen americani in un solo uomo. C’è tanto Barack’n Roll in questo Oscar 2009: da The Millionaire, fiaba d’integrazione tra Bollywood e l’Occidente, a Milk, inno alla tolleranza gay, da Mickey Rourke e Robert Downey Jr. per celebrare il riscatto da vite bruciate al senso di colpa per l’Olocausto in The Reader e, infine, l’onore reso all’eterna fragilità dell’artista con la candidatura postuma a Heath Ledger. Quest’anno più che mai, da Kate Winslet a Meryl Streep, le signore indossano con eleganza rughe finte o vere mentre gli uomini si permettono di essere anonimi come gli strepitosi Richard Jenkins e Michael Shannon o di incarnare Presidenti caduti nella polvere come Frank Langella in Frost/Nixon. Chissà se il miglior film straniero andrà al rigore di La classe o alla denuncia di stragi attualissime in Valzer con Bashir, di certo tra i cartoon dovrebbe trionfare la tenera diversità di WALL-E. Gli Oscar, sempre così perfetti da risultare perfino sospetti, raccolgono quest’anno con inusuale forza anche visiva l’invito di Obama a tendere la mano a chi non mostrerà il pugno, a vivere in etico equilibrio con la diversità. E si confermano bizzarri: amano l’impegno purchè, naturalmente, si rimanga nell’ambito di una fatale correttezza. Gomorra non spiega e non racconta, non fornisce adeguato pistolotto morale? Escluso. Gran Torino di Clint Eastwood, con la sua secca cronaca di un vicinato intollerabile, si smarca da ogni possibile ideologia e giudizio? Respinto. Personalmente (non tutti condividono) mi sarebbe piaciuto veder riconosciuta la terribile grandezza di Revolutionary Road e di Leonardo DiCaprio, impegnato in un ruolo con acidità di stomaco, assai antipatico, troppo per aspirare alla statuetta. Forse per lo stesso motivo Kristin Scott Thomas, magnifica protagonista di Ti amerò sempre, attrice e donna senza mignottate e ruffianerie, è rimasta esclusa. Non tutto può essere perfetto, neppure e soprattutto agli Oscar, bella celebrazione che inevitabilmente lascia feriti e dispersi sul leggendario tappeto rosso. C’era infatti chi non ne voleva proprio sapere: nel bellissimo omaggio a Heath Ledger pubblicato recentemente da Entertainment Weekly, gli amici raccontano i suoi ultimi mesi e l’ansia per la nomination all’Oscar con I segreti di Brokeback Mountain: «Quando seppe di non averlo vinto esclamò: “Mi sono tolto un peso, sono di nuovo libero”. Sapeva che in caso contrario il sistema dello show biz l’avrebbe ingoiato». Probabilmente quella statuetta gli verrà consegnata in memoria, e altrettanto probabilmente da lassù ne riderà, per sempre libero dall’ansia da successo che lo soffocava. Ribelle forever, come quella volta che alla premiazione di Venezia si presentò sul palco in calzoni corti, calzini a righe, giacchetta tumefatta e tasche rovesciate. Continuo a pensare che fosse il più elegante.