
Lo so, chiedo perdono, ma sono settimane molto difficili e fitte di impegni, qui a Ciak stiamo lavorando su molti progetti e quindi spesso non c'è il tempo per nulla. Considerate poi che sono arrivata a Cannes ieri pomeriggio e che vi sto scrivendo dalla Croisette. Ne aprofitto però per ritornare a dialogare con voi e per chiedervi una riflessione su Robin Hood, presentato qui in apertura di Festival: l'hanno già soprannominato "Braveiator", contrazione di Braveheart e Gladiator, mescolando Gibson e lo stesso Crowe in un neologismo che calza a pennello con una grandiosa rilettura del mito Robin che non lesina contaminazioni: battaglie sporche e tribali, il ribelle-gladiatore solo contro il potere, una cruda guerra alla soldato Ryan. L'idea forte della regia di Scott è quella di raccontare non già l'eroe santino, ma il prequel della leggenda, il grezzo soldato che torna dalle Crociate e precipita, alquanto disilluso, in un mondo corrotto tra fango e nebbie. Realismo bruto perfettamente incarnato da Crowe con voce maschia e dita da arciere incerottate consolato senza troppe grazie dalla coltivata Marian, decisamente più guerriera che damigella. Scene da ricordare? I duetti bisbetici fra i due e lo slancio epico di Scott che, però, non sconfigge la certezza di aver già visto, troppe volte, questa storia appesantita da sottotrame. E a voi com'è sembrata questa nuova accoppiata Scott & Crowe? Attendo recensioni...